Selected Milk - Jose Luis Ducid, Alfonso Camarero, Maria Meseguer


 

Il lavoro più controverso della sessione di Novembre del SAIFF si è guadagnato sul campo un premio alla sceneggiatura e una menzione d'onore. Un film coraggioso e decisamente diverso dal solito, che comincia proprio con un attacco frontale al principio base del cinema, ovvero l'immagine in movimento. Selected Milk denuncia il trucco che sta alla base del fare cinema e blocca l'immagine e la vita in una serie di "Freeze Frames" sui quali gli autori ci hanno ricamato una storia molto interessante. Realizzato durante la prima ondata pandemica, quando tutto il mondo era fermo, anche il cinema si ferma e lascia soltanto alle parole e ai suoni il compito di portare avanti un discorso che con le immagini ha un rapporto fugace. Già in Lisa & Emma di László Bús che abbiamo visto in questa stessa sessione, l'immagine cinematografica provava, senza riuscire, a raccontare una realtà; in Selected Milk fa un passo ulteriore e abdica definitivamente. Ne abbiamo discusso con i tre autori, Jose Luis Ducid, Alfonso Camarero e Maria Meseguer.


1. Un film è per definizione una sequenza di immagini statiche che danno l'impressione di movimento. Il vostro lavoro, oltre a congelare la vita in un unico fotogramma (in accordo con la situazione covid che ha congelato l'esistente umano), gioca anche con la tecnicità del film, svelando il trucco e negando il movimento. Cosa puoi dirci su questo punto?
Alfonso: Sì, è un giro di vite sul concetto di cinema. Normalmente si definisce “movimento di immagini”, ma il vero punto è che le immagini sono sempre accompagnate da suoni. Qui non ci sono immagini in movimento. Anche le immagini fisse non raccontano la storia. Ma c'è un movimento che racconta la storia e fa guardare il film fino alla fine: quel movimento è nel suono. Lasciamo quindi che lo spettatore costruisca le proprie immagini, a partire dal racconto che sta ascoltando, e con la guida di un'inquadratura che non fa altro che suggerire, evocare, molte volte proprio come una metafora.
María: Negando il movimento, diventa evidente l'altro modo di rappresentare il tempo nel cinema, cioè la lunghezza. Quando guardi un fotolibro, decidi quanto tempo dedicare a ogni immagine. In Selected Milk, questa durata è fissata dalla narrazione... E il movimento è rappresentato nell'immaginario dello spettatore attraverso gli effetti sonori. Nell'unica clip in movimento del film facciamo il gioco inverso: i binari del treno in corsa sono come un “movimento statico”.


2. Inoltre, le immagini, oltre ad essere congelate, in alcuni casi sembrano anche non essere rappresentative dei fatti narrati; quasi un frame casuale combinato per giustapposizione e non per combinazione didascalica. Le immagini possono mentire o lasciare la vita fuori dai limiti. siete d'accordo?
María: Sì, questi squilibri erano intenzionali. Le foto del film provengono dal mio archivio personale, non sono state fatte per illustrare il testo. Ne eravamo consapevoli e ci giocavamo. Nella distanza tra ciò che il testo ti sta dicendo e l'immagine che vedi, c'è il film che ogni spettatore vede.

3. Il film è pervaso da una sottile ironia, ma non lascia troppo spazio all'ottimismo (nemmeno al pessimismo, ma non certo all'ottimismo). Cosa puoi dirci dello "stato delle cose"?
Jose Luis: "Lo stato delle cose" è un capolavoro di Wim Wenders ("Der Stand der Dinge").
Cosa posso dirvi sullo stato delle cose? La persistenza nell'errore, la deliberata decisione di rendere il mondo un luogo ridicolo e ostile lascia poco spazio al sorriso. La giusta difesa a questo, il modo per non trasformarsi in cinismo, è prendere “latte selezionato”!


4. Com'è stato dirigere questo lavoro a sei mani e com'è stato lavorare ai tempi del covid?
Jose Luis: Abbiamo suonato questa partitura a sei mani perché suoniamo il pianoforte a coda di un saloon del far west: l'importante non è la performance, ma la capacità di schivare i proiettili.
Infine, c'è qualcosa di importante causato dal COVID: la paura condivisa ci ha reso più permeabili all'ascolto reciproco.
 

 

Ringraziamo Jose Luis Ducid, Alfonso Camarero e Maria Meseguer per la loro disponibilità e e ci diamo appuntamento a breve per parlare di altri film in rassegna al Sipontum Arthouse International Film Festival. Intanto vi lasciamo con le parole della giuria.

Altamente poetico. Pone volutamente l'attenzione sul messaggio sonoro prima ancora che sulle immagini. Non scontato e capace di catturare l'attenzione più di tanti film fatti di immagini in movimento. (Adriano Santoro)

Un progetto originale, che cattura man mano che passano i minuti.
Si sente che il regista ha qualcosa da comunicare e qualcosa, indistintamente, passa e rimane, veicolato da quelle riflessioni "en passant" che capita a tutti di fare in alcuni momenti della giornata, riflessioni che sembrano offerte allo spettatore freschissime, complici i fotogrammi congelati, come se fossero appena passate nella sua mente. (Antonio Universi)

 

 

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