Lisa & Emma – László Bús
Meditazione sul tema dell’identità, sulle maschere che noi tutti mostriamo al prossimo in base alle necessità personali e alle spinte sociali, il cinema del talentuoso regista ungherese è, in seconda istanza, anche una meditazione metacinematografica sulla possibilità che ha l’immagine in movimento di svelare la realtà. In questo senso, László Bús, sembra un po’ pessimista. L’osservazione insistita non riesce a giungere a una conclusione ma, anzi, amplifica le domande, i dubbi e il mistero. In questo senso Lisa & Emma presuppone uno spettatore attivo, o meglio volenteroso; uno spettatore che costruisce il senso in accordo con l’autore. Data la natura stessa di questo cinema, ne consegue che l’aspetto narrativo ha un’importanza secondaria mentre la tecnica utilizzata è spesso il messaggio stesso.
Ne abbiamo discusso con l’autore.
1.
Il tuo film è incentrato sul tema dell'identità; l'immagine,
nonostante l'indagine approfondita e ravvicinata, non riesce a
risolvere il mistero. In questo senso, non sembri troppo ottimista
sulla capacità dell'immagine stessa di
rivelare la verità, anzi, amplifica il mistero. Sei d'accordo con
questa visione?
Prima di tutto, vorrei ringraziare il team del
festival per aver analizzato a fondo il mio film e aver tratto
conclusioni in linea con il mio intento creativo. Vorrei ringraziare
anche tutto il cast e la troupe per il loro lavoro e il
loro contributo creativo
in questo progetto e
spero che avremo molto altro da fare ancora
insieme. La risposta alla tua domanda è
sì; la ricerca
di noi stessi, il disordine dell'immagine di sé, la personalità
assimilata. Chi sono veramente? ("Dov'è la mia faccia?")
Cosa succede se la maschera cade? Le maschere che creiamo noi stessi.
Problemi e domande che toccano molte persone, specialmente i giovani.
Il tono di LISA & EMMA è più pessimista. Il capitolo conclusivo
punta chiaramente in quella direzione.
2.
David Lynch e Ingmar Bergman: Mulholland Drive e Persona. Lisa &
Emma potrebbe completare
un'ipotetica trilogia, tre opere molto diverse, ma accomunate dalla
stessa urgenza legata al tema dell'identità. Cosa puoi dirci su
questo punto?
È un grande onore per me che questi due
fantastici registi e i loro grandi film siano stati menzionati in
relazione al mio film. Sono
i miei registi
preferiti. Lisa & Emma,
nel mio piccolo,
è anche una sorta di omaggio al loro lavoro. Certo, si tratta di
film molto diversi, ma il tema dell'identità è lo stesso.
3.
Il montaggio è uno dei punti forti del film. Qual è il tuo
approccio all'editing? Con quale software lavori di solito?
Indubbiamente, il montaggio ha portato finora il maggior numero di
premi per il film. Questo è un piacere speciale per me. A proposito,
l'editing e il color grading sono stati la parte che ha richiesto più
tempo durante la realizzazione di questo lavoro
poiché abbiamo girato molto
materiale e molte
scene sono state eliminate durante il montaggio perché non volevamo
trascinare il film troppo a lungo . Amo l'editing. Sebbene il cinema
sia un lavoro collettivo, puoi nasconderti un po' insieme
al film durante
il processo di montaggio e vengono fuori pensieri molto interessanti.
4. Un elemento che ci ha colpito del tuo film è il continuo "ribaltamento" (tematico, narrativo e visivo). Puoi parlarci di questo aspetto del tuo cinema?
5. Cosa hai in
cantiere al momento?
Inizieremo le riprese di un nuovo micro
corto a gennaio. Sarà molto diverso da LISA & EMMA, anche se il
display visivo e audio tornerà in molti modi. Spero che sarà
completato nella prima metà del 2022.
Ringraziamo László Bús per la sua disponibilità e e ci diamo appuntamento a breve per parlare di altri film in rassegna al Sipontum Arthouse International Film Festival. Intanto vi lasciamo con le parole della giuria.
La
maschera e il volto; la maschera è il volto; lo studio della
personalità attraverso l'osservazione perdurante e ostentata
dell'esteriorità, dell'apparire, sotto forma di regina nera (la bionda) e
di regina bianca (la bruna). Un' analisi esistenziale che tende al
punto giacché l'ottima tecnica cinematografica messa in campo dal
regista e montatore denuncia l'impossibilità di giungere a una
risoluzione. Forte la filiazione di questo lavoro con "Persona" di
Bergman (Vincenzo Totaro)
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