Whoever Was Using This Bed - Andrew Kotatko


Ispirato a un racconto di Raymond Carver, il film di Andrew Kotatko, che abbiamo avuto il piacere di avere nella recente edizione del SAIFF, si distingue per le sue atmosfere intime che ci riportano alla memoria il cinema di Bergman (da Scene da un matrimonio a Sorrisi di una notte d'estate, passando per Donne in attesa). Con il maestro Bergman, Kotatko condivide anche un'attenzione particolare agli interpreti e una gestione impeccabile dei tempi e spazi della rappresentazione. Questo dramma da camera ha i numeri per poter diventare un piccolo classico negli anni a venire, anche a distanza di tempo dalla sua realizzazione. Ne abbiamo parlato con il suo autore.


1. Per dinamiche registiche e interpretative "Whoever Was Using This Bed" ci ha ricordato in più di un passaggio una parte della cinematografia bergmaniana particolarmente legata allo scavo dei personaggi e al rapporto/crisi di coppia. Quanta verità c'è in questa nostra idea? 

È curioso che tu abbia menzionato proprio Ingmar Bergman perché la sua serie TV "Scene From A Marriage" è stata un riferimento per me e per gli attori in fase di preparazione per questo film. L'intera storia di "Whoever Was Using This bed" è imperniata sull'intimità e l'integrità delle interpretazioni. Il direttore della fotografia Geoffrey Simpson e io abbiamo orchestrato le riprese in modo tale da consentire a Jean-Marc Barr e Radha Mitchell l'opportunità di riprodurre i momenti emotivi chiave in tempo reale (cioè con un'intenzione minima di montaggio). Bergman lo fa brillantemente in "Scene da un matrimonio" con Liv Ullmann ed Erland Josephson. Una volta è stato chiesto a Ullmann perché Bergman fosse un così grande regista, e lei disse che Bergman ha sempre dato ai suoi attori un grande spazio, in altre parole, i suoi attori hanno sempre avuto il giusto impulso per l'azione fisica. Sapere questo e dove posizionare la telecamera definisce così tanto il ruolo del regista.


2. L'atmosfera è fondamentale in questo film. Atmosfera in doppia accezione: intimità di coppia da un lato, e una certa sensazione di sospensione, di limbo dall'altro. Cosa puoi dirci su questo punto? 

Per me, il film è un'esplorazione notturna della co-dipendenza di una coppia sposata e delle loro, crescenti, ansie. È la loro paura del futuro - la paura dell'ignoto - che li mette su questa strada. Volevo che il film sembrasse un sogno azzurro e agghiacciante. Fisicamente, il film è molto calmo e intimo, ma porta con sé la suspense di due persone che si rendono conto di mantenere posizioni molto diverse sulla questione della mortalità. Nessuno dei due si tirerà indietro e quindi il dibattito nella coppia diventa combattivo durante tutto il film, fino al climax finale. È una lotta spirituale fino alla morte.


3. Il tuo film si presta a una molteplicità di interpretazioni; da un'interpretazione più "fenomenologica" in cui la storia è semplicemente quella che vediamo sullo schermo, a una più simbolica che vede il personaggio interpretato da Jean-Marc Barr, in realtà, in un letto d'ospedale a combattere tra la vita e la morte, e la voce al telefono come elemento unico del mondo reale. Qual è il tuo punto di vista sull'interpretazione da dare al film? 

Sì, penso che il forte elemento di sound design alla fine del film (dopo aver staccato la spina del telefono) suggerisca che il personaggio di Jean-Marc potrebbe in effetti aver sognato la discussione con sua moglie da un letto d'ospedale. Questa interpretazione simbolica del film è del tutto valida e mi fa immensamente piacere! Quando ho diretto il film, mi sono concentrato sul portare a casa la realtà emotiva della storia, piuttosto che sul suo significato simbolico. È principalmente una battaglia di volontà tra due persone che pensavano di conoscersi, ma si rendono conto che in realtà potrebbero essere estranei.


4. Com'è stato lavorare con artisti del calibro di Birkin, Barr e Mitchell? 

Sono tutti attori straordinari. Ho incontrato Jane Birkin a Sydney quando era in tour. La sua voce ha una qualità spettrale, senza tempo, implacabile. Avevo anche pensato che "The Caller" potesse essere un fantasma, quindi per me Jane è stata la scelta perfetta. Jean-Marc Barr è un attore meravigliosamente intelligente e un generoso collaboratore. È volato a Sydney per girare il film e la fatica del jet lag è diventata parte della sua interpretazione di Ray. Radha Mitchell è stato il primo casting. Ho scritto la sceneggiatura pensando a lei per la parte di Iris. Adoro la sua presenza sullo schermo. È una persona molto intuitiva, carismatica ed eccitante con cui lavorare.


5. A cosa stai lavorando in questo momento? 

Attualmente sto lavorando alla sceneggiatura di un lungometraggio che mi piacerebbe dirigere, intitolata "The Return", una rivisitazione di un film cult del regista italiano Peter Del Monte. Di recente, sono stato supervisore musicale di "The Power of the Dog", l'acclamato western gotico di Jane Campion, che è stato appena nominato per dodici Academy Awards.


Ringraziamo Andrew Kotatko per la sua disponibilità e ci diamo appuntamento a breve per parlare di altri film in rassegna al Sipontum Arthouse International Film Festival. Intanto vi lasciamo con le parole della giuria. 

Film avvolto da un alone di mistero, fascinazione e suspense come misteriosa e inaspettata , con il suo trillo squillante, è la telefonata che sopraggiunge nel cuore della notte tanto da interrompere in maniera irreversibile il sonno della coppia.
Chi c’è all’altro capo del telefono? Una voce femminile, sconosciuta con richieste incomprensibili.. (l’indimenticabile Jane Birkin) ma tanto basta per essere fonte di inquietudine.
Il film sembra ricordare che la morte o la malattia invalidante può sopraggiungere in qualsiasi momento senza preavviso e sconvolgere l’esistenza delle persone in un batter d’occhio, proprio come fa quella telefonata nella vita della coppia ,scatenando ansie, angosce, e paure, mai confessate prima ma che ora , nell’oscurità della notte, quando il sonno è più profondo e gli incubi sono più reali (L’ora del lupo di Bergman) sembrano trovare un varco e una loro collocazione. La notte diventa così luogo di confessioni, di aperture e confidenze( tanto che Iris racconta al marito di aver appena sognato di ballare con il suo ex) ma e’ anche il momento di richiesta di promesse . Ma quando si parla di paure inconsce , di angosce e di ansie irrazionali ci si muove in un campo oscuro, inesplorato e sconosciuto nel quale le reazioni , contrariamente ai giuramenti appena fatti e ai buoni propositi ,possono essere imprevedibili e spiazzanti. La reazione di Iris( un’intensa e bravissima Radha Mitchell), la quale in preda ad un raptus di gelosia, “stacca la spina”del telefono per interrompere la conversazione telefonica del marito ( un altrettanto bravissimo Jean-Marc Barr) con “la voce misteriosa” sembrerebbe suggerire simbolicamente proprio questo. Ottima regia (Manuela Boccanera)

Difficile trovare difetti in questo "Kammerspiel" in cui spiccano i due interpreti (che non hanno bisogno di presentazioni) e una regia capace di mettersi al servizio della storia e delle anime dei personaggi. Le regie così, di solito, non vincono premi, ma li fanno vincere a tutti gli altri che girano intorno. Sound design decisamente convincente. Un cinema fatto di sentimenti, di paure rimosse e affioranti e di legami; legami umani, di coppia e con i capolavori del cinema d'autore del passato (pensiamo a Bergman soprattutto). (Vincenzo Totaro)


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