SGUARDI CINEFILI - Light on water 9 - di Andrew Payne

Dopo il favorevole riscontro ottenuto dall'esordio della nuova rubrica SGUARDI CINEFILI, proponiamo, per il secondo appuntamento della serie, le riflessioni del presidente di giuria, Antonio Del Nobile, sul film vincitore del premio Best Experimental Film nella recente edizione del Sipontum Arthouse Film Festival; stiamo parlando di Light on water 9 di Andrew Payne.


Kant si interrogava sulla realtà ultima delle cose parlando della "cosa in sé". Questo film sembra proporre una riflessione su "la cosa di per sé": E cosa c'è di maggiormente specifico del cinema per riflettere sulla cosa di per sé? In questo senso il corto é metacinematografico in quanto "riflette" sulla cosa a partire dagli elementi costitutivi sia della "cosa" sia del cinema stesso: Luce, tempo/durata, movimento, spazio, alto/basso, pieno/vuoto... e anche superficie/profondità.


Questo lavoro propone una operazione di sottrazione rispetto a tutte le convenzioni accumulate grammaticalmente dalla sua comparsa (del cinema ndr). Toglie ogni movimento della camera, toglie drammaturgia, scenografia, sceneggiatura, montaggio, interpretazione. Cosa resta allora? Sembrerebbe che non resti nulla. Solo percezione e poesia. Se ce n'è, negli occhi di chi osserva.
Cosa ti fa il regista/filosofo per riflettere su cosa sia il cinema o se preferite sul "cinema/cosa" o "cosa è il cinema" o ancora "la cosa e il cinema"? Al di là dei giochi di parole, sceglie la cosa che più di tutte riflette in natura, l'acqua.
La superficie dell'acqua.


E cosa riflette l'acqua? Ma è chiaro, la luce! Nondimeno quest'acqua oltre a riflettere, assorbe. Tempo e attenzione. Dello spettatore. Che viene suo malgrado coinvolto. Magari per divenire esso stesso "cosa in sé". Non è forse esperienza comune sentirsi di fronte ad un lago calmo, l'acqua stessa pacificata e al cospetto di un mare in tempesta, la tempesta stessa? 


A questo punto domande affiorano spontanee o forse dovrei dire appaiono fuggevoli in superficie come lame di luce.
Chi veramente riflette? L'acqua, la cosa o il regista? O magari lo spettatore?
A giudicare da questa piccola traccia, di sperimentazione ce n'è anche troppa, e di buon livello. Livello dell'acqua appunto.
A questo punto come spesso accade nelle opere (alla Escher) che producono un corto-circuito nella mente dell'osservatore, per definirle, ci soccorre una specie di ossimoro. Il film è di una superficiale profondità. 


 

Contrariamente a quanto in genere accade in un film , dove tutto è preordinato, stabilito e "controllato" dall'occhio di chi dirige, in questo caso ci si affida a degli elementi naturali, ponendosi al loro servizio ( la luce che si riflette in un corso d'acqua con le sue increspature mosse dal variare del vento) sapendo che il tutto sfuggirà al controllo di chi riprende... (Manuela Boccanera)

 

Per saperne di più sulle opere di Andrew Payne:  https://andrewpayne.org.uk/films/

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