Inauguriamo con l'interessante lavoro del giovanissimo Michele Raimondo Guidacci (appena 16 anni), una nuova rubrica, SGUARDI CINEFILI, che analizza i film "dalla parte dello spettatore"; una prospettiva più istintiva e militante, emozionale se così possiamo dire, in cui il "giudizio" lascia spazio a ciò che il film evoca nella mente dello spettare/critico che si lascia andare a un flusso di pensieri ispirati dallo stesso film; non necessariamente notazioni tecniche ispirate da un certo rigore analitico quindi, ma più mosse da uno spirito cinefilo, una commistione continua tra cinema ed esistenza. Una prospettiva che ci piace definire militante e priva di compromessi.
Sembra che ci siano molte foglie in questo bel corto, ma al di là delle
apparenze, per quanto riguarda l'idea di cinema alla base del film, Michele Raimondo Guidacci sembra avere sfrondato molte delle convinzioni e delle mode
dominanti.
E ha fatto bene. Ha fatto ciò che normalmente registi blasonati fanno ad
un certo punto della loro carriera o alla fine. Puliscono, radono,
purificano. La loro arte diventa più rarefatta. Il ragazzo ha iniziato
subito, si è portato avanti per cosi dire. Infatti visivamente il lavoro
è assolutamente pregiato.
In questo film arrivano evidenti le scie della cometa Tarkovskijana; un pulviscolo che trova casa in una forma riconoscibile e allo stesso tempo nuova. Riconoscibile perché le forme i toni, i ritmi, portano in maniera prepotente e diretta all'universo dell'autore russo.
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Nostalghia di Andrej Tarkovsij
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Tutto un mondo visivo che dalla superficie scende in profondità e dialoga con noi spettatori a distanza. Si può vedere questo film senza conoscere Tarkovskij o Kurosawa, ma se si conoscono questi autori e si ha dimestichezza con la loro visione del mondo prima ancora che del loro cinema, e allora si gusta di più ogni momento.
Girovagare insoddisfatti per lande umide e piovose, con sempre più domande e sempre meno risposte agli interrogativi più importanti. Insoddisfatti della vita, del mondo e di se stessi. Spuntano ricordi d'infanzia, tormenti di quando si era grandi attori e intorno la vacuità del tutto.
Resta la capacità di intuire la crisi, la necessità di definire un tempo e uno spirito.
Max Gazzè dice...
L'intelligenza sta
nel comprendere appena in tempo
il ruolo preciso di un'esistenza
le cose da gettare via
quelle importanti da valutare
per mettere a frutto le qualità
L'intelligenza sta
nel chiedersi sempre serenamente
se c'è la propria vita in allarme rosso
e non fare finta di ridere
con autoironia non mentire mai
Da una intelligente autoanalisi viene fuori sempre, o quasi, che in fin dei conti c'è la necessità di sacrificare qualcosa... Certe volte si tratta di cose, molto più spesso si tende a sacrificare gli altri... ma quando si va in profondità e si è poco inclini a concedersi degli alibi, si finisce per sacrificare se stessi.
Questo film è solo l'inizio di un percorso cinematografico che si mette nella scia di altri percorsi che hanno fatto la storia.
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