FOCUS - Uno sguardo distopico; Horizon di Daniele De Muro

Nell'eterno dibattito che contrappone il cinema d'autore al cinema commerciale si assiste spesso a una eccessiva polarizzazione delle rispettive posizioni; esistono autori che si situano nel mezzo (per scelta o per caso) e che gettano un ponte tra questi due modi di intendere il fare cinema e il rapporto con il pubblico. Lo fanno attraverso film che partono dalle premesse di un cinema classico per poi spostarsi, spesso e volentieri su terreni più interiori e profondi (regno del cinema d'autore). Se il cinema mainstream punta più l'attenzione sulla storia, il cinema d'autore pernsa più ai personaggi. 

Questi film che si situano nel mezzo sono scivolosi perché corrono il serio pericolo di scontentare tutti (gli amanti del cinema d'essai e quelli del cinema di cassetta) e perciò sono tanto più significativi quando sono fatti con criterio.


Questo, a nostro avviso, è il caso di Horizon di Daniele De Muro, che si situa in una sorta di confine che separa due mondi cinematografici.


Il film strizza l'occhio a un sottogenere della fantascienza (quello distopico) richiamando alla mente dello spettatore titoli classici che vanno da Interceptor a Interstellar, passando per Waterworld, The Road e L'uomo del giorno dopo. Di tutti questi lavori conservsa una sorta di parentela (anche con il genere western), ma poi il film percorre in parte un suo percorso personale.
 

De Muro, infatti, sembra più interessato ai moti dell'anima in un mondo devastato dalla crisi climatica che non ai meccanismi darwiniani di sopravvivenza che si innescano in una società che diviene sempre più animalesca e dove il pesce grande mangia il pesce piccolo.


 Non mancano sequenze d' azione ma è nei passaggi che potremmo definire "interiori" che il regista dà il meglio di sé (utilizzando forse non a caso la Magic hour di Malickiana memoria) e non soltanto come metafora di una civiltà al tramonto.  

Il trio di interpreti principali è molto credibile a paritre dall'intenso Carlo Porru, per poi giungere a Chaira Lai e Viola Scuderi.


 Ma anche sulla restante parte del cast, in realtà, non si possono fare appunti particolari. Un ottimo cast e diretto con mano sicura.

Altro aspetto di non secondaria importanza, è la perizia tecnica con cui il tutto è confezionato (da un certo punto di vista De Muro dà più nell'occhio come direttore della fotografia e montatore che come regista) e questa padronanza della tecnica regala al film un aspetto adulto, un tentativo riuscito in ultima analisi, di seguire una strata non troppo battuta qui da noi; la fantascienza, che poi significa la capacità di immaginare un futuro, bello o brutto che sia. Ecco, noi italiani sembriamo cinematograficamente poco interessati al futuro, o comunnque meno di altre cinematografie. E non regge la scusa che la fantascienza costa caro; se c'è un' idea e una visione, come in questo caso, si può fare.

Noi Speriamo che Horizon non resti un tentativo troppo isolato.





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