SGUARDI CINEFILI - WESTERN ILLNESS EASTERN MEDICINE - di Zihan Cheng

 

Tornano le riflessioni del nostro presidente di giuria, Antonio Del Nobile, che tanto sono piaciute ai nostri lettori; questa volta parliamo del bel film sperimentale di Zihan Cheng vincitore di ben tre premi al Sipontum Arthouse International Film Festival: Miglior film d'animazione, miglior colonna sonora originale e premio della critica. Ricordiamo al lettore lo spirito di sguardi cinefili, ultima nata, in ordine di tempo, tra le rubriche di questo blog.

 SGUARDI CINEFILI analizza i film "dalla parte dello spettatore"; una prospettiva più istintiva e militante, emozionale se così possiamo dire, in cui il "giudizio" lascia spazio a ciò che il film evoca nella mente dello spettare/critico che si lascia andare a un flusso di pensieri ispirati dallo stesso film; non necessariamente notazioni tecniche ispirate da un certo rigore analitico quindi, ma più mosse da uno spirito cinefilo, una commistione continua tra cinema ed esistenza.


Un lavoro che sembra fondere in un nuovo espressionismo la lezione tedesca ed europea e quella giapponese o comunque orientale. Del resto il titolo ci indica una prospettiva: "disturbi (malattie) occidentali, rimedi (medicine) orientali". In cosa consistono queste malattie occidentali? Il soggetto del corto, la ragazza, ci viene presentata con una capigliatura che in realtà è una sorta di copricapo dentato e occhiuto, con strane protuberanze che pare le escano dalla testa e che le coprono quasi tutto il volto. Metafora perfetta della nostra incessante attività psichica diurna che ci affolla la mente e ci divora.

 

Con questo fardello di pensieri intrusivi la ragazza si addentra in una città allo stesso tempo rurale e irta di simboli. In una onirica bottega da alchimista vediamo due embrionali esseri umani piantati letteralmente in dei vasi da fiori con tanto di foglioline che spuntano dalla testa e sorrridenti. Sopra di loro la scritta Medicina orientale. La ragazza è in realtà una spogliarellista. I suoi clienti sono uomini occidentali dal sorriso finto e denti gialli. Ad un certo punto vediamo la ragazza senza il copricapo, ci appare dolce e disperata. Si taglia i capelli, sembra avere riallacciato il rapporto con le sue radici, In questo frangente pare liberarsi, ma la vediamo ripiombare nella sua condizione costretta a cibarsi di vermi (anche questa metafora di ciò che introiettiamo psichicamente).


Il corto è disseminato di simboli e metafore e non credo di essere riuscito a decifrarle tutte. Ad esempio le facce degli occidentali dal sorriso giallo erano associate a delle colonne dell'antica Grecia. Altre sono di più immediata lettura: la gatta che la osserva e aspetta il cibo. L'orologio e il suo inesorabile ticchettìo . Muri scrostati, Certe facce mi hanno ricordato Grosz e Dix


Mi arriva molto bene l'idea che siamo esseri dolci incapsulati in corazze aggressive e deformi in un contesto oppressivo. Anche se non c'è esplicito riferimento alla pioggia mi ha evocato atmosfere piovose e grevi alleggerite da una certa ironia.

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