NUOVI MONDI - Il Binario Morto di Antonio Maciocco
Alcune volte bisogna girare per il mondo e perdersi mentre si è trascinati nel vortice della modernità (nel bene e nel male) per riuscire a ritrovarsi; in alcuni casi, per farlo, occorre tornare al punto di partenza, lì dove tutto era cominciato, lì da dove si era partiti alla ricerca di un nuovo mondo. Questo accade a Tommaso, protagonista (il sempre convincente Valentino Mannias) di questa lieve favola edificante.
Il giovane Tommaso, che ha legato le sue fortune alla creazione degli emoticon, vede il suo prestigio lavorativo eclissarsi con la stessa velocità con cui si era presentato a causa di uno scherzo finito male. Stanco della piega che ha preso la sua vita, torna nel luogo dove è nato e qui decide di suicidarsi, ma lo fa su quello che lui non sa essere un binario morto (anche metaforico), e da qui inizia la sua graduale presa di coscienza.
L'opera di Antonio Maciocco abbina con sapiensa la realtà contemporanea a un' atmosfera folclorica dai tratti fantastici, portando ad attualizzare un passato che ha ancora tanto da insegnarci.
Una delle battute più significative del film arriva da Franco (Franco Fais) custode di una stazione abbandonata che dice con sarcasmo dissimulato <<Ah... perché adesso è pieno di cose geniali in giro>>. Una puntuale presa in giro del mondo contemporaneo iperconnesso. Ma evidentemente questa genialità non è sufficiente per vivere una vita piena se Tommaso finisce lungo disteso sui binari di un treno.
E allora il contatto con se stessi, con la propria modernità potrebbe passare anche da un momentaneo contatto con un classico lavoro manuale, magari portato avanti un modo un po' goffo all'inizio ma comunque capace di riportare un' esistenza all'interno del suo elemento.
La propria terra, in questo caso la Sardegna, è un punto cardinale importantissimo per tracciare una nuova rotta per il proprio futuro perché "viaggiare è meglio che arrivare" diceva Pirsig ne Lo zen e l'arte della manutenzione della motocicletta e Tommaso sembra prenderne coscienza solo dopo un ritorno alle origini ormai un po' perdute.
Antonio Maciocco realizza una favola moderna dal tono lieve e un po' sardonico in cui modernità e tradizione non sono necessariamente in contraddizione ma possono e devono coesistere per il bene degli individui in prima battuta, ma della società nel suo complesso. Uno sguardo lucido che si apre al mondo di domani senza dimenticare quello di ieri. Uno stile piano e cinematograficamente compiuto che non insegue l'effetto originalità a tutti i costi per raccontare una storia con personalità.
Sono tantissime le sequenze e gli elementi che, volendo, è possibile leggere in chiave metaforica e simbolica; a partire proprio dal binario morto passando anche per il treno, la stazione, l'auto sulla strada, tutti elementi che richiamano il tema del viaggio, un po' dantesco ma senza selva oscura. Ma questa lettura metaforica non è essenziale per lo spettatore, grazie alla sapiente regia che sovrappone strati di significazione comunicanti tra loro, ognuno dei quali però, se non viene colto, non pregiudica la possibilità di fruizione dell'opera.
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