NUOVI MONDI - The Scent of the Wormwood di Aibek Daiyrbekov
Quando il cinema indipendente racconta la periferia si muove un po' nel suo elemento; ci restituisce uno sguardo, una prospettiva che difficilmente sarebbe possibile rintracciare nei film pensati per il grande pubblico. Questo è il caso del toccante The Scent of the Wormwood regista Kirghiso Aibek Daiyrbekov; vincitore di 4 premi nella sessione "winter 2023" del Sipontum Arthouse International Film Festival (vincitore di ben quattro premi; miglior film della sessione invernale, miglior regista[lungometraggio], miglior fotografia [lungometraggio], miglior sceneggiatura [lungometraggio]), quest'opera racconta la vita quotidiana di alcuni ragazzi e dei loro genitori in una remota località contadina del Kyrghizistan.
Tra adulti costretti ad andare in Europa per lavoro, altri con problemi di alcol e rapporti di coppia barcollanti, tanto da essere costretti a subite le intercessioni dei più anziani i quali non concepiscono il divorzio, tutto viene visto attraverso gli occhi dei ragazzi che passano le giornate a zonzo, tra giochi, scherzi e qualche guaio.
Daiyrbekov mette in piedi una sua personale visione del "pedinamento zavattiniano" che potremmo definire "pedinamento casuale"; infatti tutte le vicende, gli snodi più importanti dell' intreccio, sono visti attraverso i bambini, testimoni muti e casuali (qualche volta causali) di ciò che avviene loro intorno. Dayrbekov sceglie un registro classico, abbastanza dimesso e poco invadente; utilizza pochi movimenti di macchina e li nasconde nello svolgimento del film riuscendo a restituire, allo spettatore, la vastità qualche volta claustrofobica del'azione (vedere la splendida sequenza onirica con i cavalli "ingabbiati" dal ghiaccio).
Il carattere universale delle vicende (sostanzialmente la ricerca di "un posto al sole" che è uguale un po' in tutto il mondo e in tutte le culture) rende quest'opera assolutamente esportabile e leggibile a ogni pubblico.
Rispretto ad altri film di questo filone sempre molto interessante (il paragone più prossimo ci viene con Tulpan, il film diretto dal Kazako Dvortsevoy nel 2006), la scelta di Daiyrbekov è quella di non abbandonare mai il terreno della fiction a favore di sequenze dal sapore documentario, prediligendo l'aspetto poetico che scaturisce dall'istante piuttosto che una più oggettiva osservazione antropologica.
The Scent of the Wormwood è un lavoro delicato, poetico che con un po' di fortuna (e di passaparola) potrebbe diventare un piccolo cult; ne ha i numeri e le possibilità.
Un'altra piccola stella, in questo caso di cinema narratico classico, nel panorama della produzione arthouse mondiale che ci sentiamo di consigliare caldamente al pubblico.
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