FOCUS - A volte ritornano, fantasmi e presenze nel cinema arthouse: Gioia di Eduardo Castaldo e The Binding Bell di Jeremiah Holt
Anime che tornano; per aiutare, per essere aiutate, per recuperare consapevolezza o per farla raggiungere a chi ancora appartiene a questo mondo. E' questo il trait d'union di due film così vicini e per altri versi così lontani tra loro, giunti nell'edizione invernale del Sipontum Arthouse International Film Festival e che non hanno mancato di affascinare pubblico e giuria.
The Binding Bell - Jeremiah Holt |
In questo dittico particolare la fa da padrona l'atmosfera onirica e sospesa, una sensazione da dormiveglia un cinema che tende ad aprire porte su (sarebbe meglio dire in questi casi "da") altri mondi. I risultati espressivi risultano complementari: The Binding Bell, complice anche la scelta del bianco e nero e le proporzioni delle immagini (4:3) resta una porta aperta sull'altrove alla maniera dei racconti ottocenteschi, romantici e scapigliati (da Poe a Maupassant passando per Bierce, Luigi Capuana ecc..) è intriso di un mood vagamente lynchiano.
The Binding Bell - Jeremiah Holt |
Qui è il mondo dei vivi che arriva in soccorso di quello dei morti: infatti i fantasmi non sanno ancora di essere tali e sono costretti a ricordare per definire la loro attuale, particolare condizione.
Gioia - Eduardo Castaldo |
In Gioia, tutto intriso di un realismo poetico (concedeteci il paragone un po' forzato) che avvicina per vie traverse e delicate un certo cinema partenopeo alle istanze del cinema francese che porta alla coppia Carné-Prévèrt. Qui avviene il contrario del film precedente ed è il fantasma che arriva in soccorso dei vivi (secondo dinamiche che richiamano alla mente Mentre Parigi dorme e la figura del destino interpretata da Jean Vilar).
The Binding Bell - Jeremiah Holt |
Entrambi i film tendono a prediligere una regia piana, concentrata sulle atmosfere create a dovere anche grazie alle interpretazioni intense e curate dei protagonisti di queste vicende.
The Binding Bell e Gioia rappresentano un ideale dittico in cui il cinema che non disdegna il recupero della tradizione, ammantato dal fascino di atmosfere e modi un po' rètro, apre porte su un altrove evocato con delicatezza, tensione, desiderio e paura, per farci vedere ciò che non possiamo vedere...
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