Little Yellow Flower - Chien-Ping Lin

 

Vincitore del premio come miglior film della stagione estiva 2023 al Sipontum Arthouse International Film Festival, Little Yellow Flower è un film importante e doloroso. Importante per la sua dimensione umana e altamente empatica; doloroso per il percorso nel rapporto padre/figlio che necessita di un cambiamento di paradigma per poter uscire dalle sabbie mobili di una dinamica amore/odio che tende a perpetrare, potenzialmente all'infinito, i torti di un padre, che vengono rimessi allo stesso, sotto forma di debito, da un figlio, una volta che i rapporti di potere si ribaltano. Il figlio ha la possibilità di cambiare le cose, non senza uno sforzo doloroso appunto.

La trama è molto semplice; un padre piuttosto severo percuote suo figlio colpevole di una leggerezza nel trattamento di alcuni fiori gialli nel loro giardino. Probabilmente non è la prima volta che il piccolo protagonista viene punito fisicamente da suo padre, certamente è la volta definitiva giacché il piccolo rimane claudicante a vita. Il tempo passa, il ragazzo cresce e il padre invecchia ed ora è un invalido perennemente a letto che ha bisogno delle cure di suo figlio...

 

Durante i trenta minuti di durata del mediometraggio, l'autore Taiwanese mette al servizio della sua storia una regia classica dall'impianto solido e fortemente incentrato sull'immagine più che sulla parola. Il film è un meccanismo perfetto in tutte le sue parti, impreziosito da un montaggio rigoroso e due interpreti all'altezza dell'alto compito emotivo.

Ne abbiamo discusso con il regista Chien-Ping Lin.


1. Cominciamo con l'argomento; il rapporto padre-figlio, carico di sensi di colpa e con l'ombra dantesca del "contrappasso" (con il padre che, in una sorta di naturale prospettiva ribaltata, si ritrova in balia del figlio). Cosa ci puoi dire su questo aspetto del tuo film e perché hai scelto questo argomento?

 Ho deciso di creare un film che esplori gli alti e bassi del rapporto padre-figlio. Questo film racchiude tutte le emozioni e le storie, dal conflitto al desiderio di vendetta al senso di colpa, all'empatia e, in definitiva, alla riconciliazione. Questa storia è stata ispirata dalle mie esperienze personale e tramite di essa ho potuto approfondire la complessità del rapporto padre/figlio. Attraverso questo film, spero che il pubblico possa entrare in risonanza e riflettere sulle proprie relazioni familiari. Il rapporto tra un padre e un figlio ha molte sfaccettature, pieno di sfide, ma al di là di un comportamento così duro, si tratta di trovare l'amore e le emozioni. Questa è una storia sulle emozioni profonde del cuore umano e  sulla necessità di trovare la riconciliazione e l’amore nelle avversità.

Nel nostro film, il rapporto padre-figlio è un tema centrale, e questo rapporto, in un determinato momento, si ribalta secondo una logica che riecheggia il “contrappasso”, dove un padre autoritario si ritrova inaspettatamente ad avere necessità delle cure di suo figlio. All'inizio c'era il padre che rimproverava il figlio, ma la situazione si ribalta e avviene l'esatto opposto. Questa inversione di ruolo non solo aggiunge forte conflitto emotivo nel film ma riecheggia anche la legge di Dante, indicando le conseguenze della colpa e del male. Tuttavia, ciò che lo rende diverso è che il figlio tenta di trasformare la "rabbia" in "empatia" e "cura" per suo padre. Il figlio potrebbe vendicarsi, ma non vuole ripetere gli errori di suo padre e la sua trasformazione fa sì che anche il padre si renda conto che il figlio, in fondo,  ha desiderato sempre e solo "l'empatia" e la "cura" di suo padre. L'autorità del padre è segnata dal rimorso che viene fuori dal suo volto.


 

2. Rimaniamo in tema; potremmo leggere il tuo lavoro come una “parabola pacifista”. Il figlio avrebbe la possibilità (e anche le ragioni) di vendicarsi del padre ma non lo fa, decide di essere migliore e di spezzare quella catena di frustrazione che lo lega e si manifesta con lampi di rabbia. Sei d'accordo con questa visione del film? 

Come ho detto prima, il figlio è determinato a non seguire lo stesso percorso emotivo di suo padre, il che ha causato dolore sia a suo padre che a se stesso. Si è impegnato ponendo fine a questo schema.


 

3. Hai scelto un'immagine 4:3 per il film che offre maggiore qualità compositiva, un equilibrio che permette di concentrarsi sui protagonisti e non sull' ambiente circostante (che pure si percepisce  molto bene, ma sempre in relazione ai soggetti umani). Cosa puoi dirci di questa scelta?  

Ho scelto un'immagine con proporzioni 4:3 per inquadrare il mondo interiore del conflitto padre-figlio. In altre parole, confina lo spazio quanto basta perché possano coesistere. Non possono scappare l'uno dall'altro sono intrecciati nel loro rapporto. Solo quando entrambi trovano una via d'uscita, lo spazio ristretto si apre, rivelando la bellezza dell’ambiente in cui vivono


 

4. la tua solida regia ha valorizzato le interpretazioni dei due protagonisti che abbiamo trovato fantastici; cosa puoi dirci di loro e come li hai preparati per le riprese?  

Lavorare con questi attori è stata la prima volta per me. Per iniziare, mi sono seduto con loro  e abbiamo avuto un confronto approfondite sul contesto della storia e sui conflitti al suo interno. L’obiettivo era comprendere veramente le relazioni e le ragioni profonde che stanno dietro il conflitto padre-figlio. Ora, la nostra sceneggiatura non è basata sul "parlato" e contiene meno di 10 righe di dialogo. Pertanto, ci siamo affidati molto al linguaggio del corpo, alle espressioni facciali, alla precisione nel lavoro con la macchina da presa e al modo di rappresentare la storia attraverso la direttrice audio-visiva e attraverso il linguaggio metaforico. Ciò ha rappresentato una vera sfida, soprattutto per gli attori abituati a sceneggiature con dialoghi estesi. Successivamente, ho approfondito gli aspetti emotivi di ogni scena e il modo in cui influenzano le azioni dei personaggi. Abbiamo fatto diversi cicli di prove raggiungere il giusto flusso emotivo e visivo richiesto dal film.


5. Crediamo che per essere un vero regista bisogna "amare l'umanità". Nel tuo cinema abbiamo ho trovato questa "empatia" per i propri simili ( che va oltre la sofferenza). Sei d'accordo? Qual è la tua idea di cinema?  

Assolutamente, credo che il cinema sia un mezzo potente per esplorare ed esprimere empatia per i nostri simili. Come regista, la mia idea di cinema va oltre il semplice aspetto narrativo; è un mezzo per connettersi con il pubblico a un livello più emotivo e profondo e provocare pensieri e sentimenti. Attraverso l'arte del cinema, miro a rappresentare la complessità delle relazioni umane, dei conflitti e delle emozioni. Voglio che gli spettatori non si limitino ad assistere ai viaggi dei personaggi ma possano anche riflettere sulle loro stesse vite e sul mondo che li circonda. In sostanza, il mio cinema è un riflesso dell’umana esperienza condivisa e il mio obiettivo è ispirare empatia, comprensione e compassione tra il pubblico.


 
 

Ringraziamo Chien-Ping Lin per la sua disponibilità, e ci diamo appuntamento per la prossime interviste del Sipontum Arthouse International Film Festival.


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