U Muschittieri - Vito Palumbo
Vito
Palumbo è autore e montatore capace di coniugare arte e mestiere;
nei suoi lavori è possibile vedere entrambe le cose. Cantore di
personaggi molto umani, specie nella sua carriera da “solista”;
la sincera empatia per il mondo narrato è prerequisito fondamentale
nel suo cinema ed è anche, a nostro avviso, un requisito auspicabile
per lo spettatore che si approccia ai suoi film, affinché possa
goderne a pieno. Cinema solido di impianto classico con uno sguardo
spesso rivolto al passato per raccontare il presente.
Il
suo ultimo lavoro, U Muschittieri, basato su alcuni episodi
dell'infanzia di Giovanni Falcone, ha riscosso un ottimo successo di
critica e di pubblico. Abbiamo avuto modo di discuterne con l'autore,
abbiamo approfittato della disponibilità di Vito per spendere due
parole su una delle fasi più importanti del fare film: il montaggio
(troverete articolo a parte).
1.
Cosa ha significato per te lavorare su un personaggio come Giovanni
Falcone e quale il tuo approccio alla materia trattata.
Il
giorno in cui mi è capitato di leggere il libro di Angelo Di Liberto
da cui è tratto il mio cortometraggio ho subito capito che avrei
voluto raccontare quella storia. Ho sempre amato particolarmente non
solo la figura di Giovanni Falcone ma anche quelle di altri
magistrati quali Borsellino, Chinnici e Caponnetto. Non avrei mai
voluto fare l’ennesimo film sul Falcone eroe e servitore dello
Stato ma qui si narravano le vicende di un bambino come tanti altri e
non di un predestinato.
2.
Il tuo cinema si contraddistingue per un impianto molto solido,
generalmente classico, abbinato a storie che vengono dal passato,
spesso dall'infanzia. La sensazione generale che ne scaturisce è
quella dell'equilibrio, di un forte senso della misura. Cosa ci puoi dire in proposito? Quale è in
generale il tuo approccio al “fare cinema”?
Io
lascio sempre che sia la storia a dirmi come vuol essere raccontata.
Credo che un regista abbia dentro di sé, in base al proprio vissuto,
alle proprie esperienze, alla propria sensibilità, la propria
visione. Non mi sono mai chiesto quale stile volessi dare ad un mio
progetto ma mi rendo conto, dopo aver ormai girato un bel po’ di
opere filmiche, che guardando al mio lavoro nel suo complesso riesca
a identificare un fil rouge che le attraversa. Ad ogni modo io
ragiono sempre da spettatore e quando mi approccio ad un nuovo
progetto mi chiedo in che modo quel film potrebbe emozionarmi.
3.
Ne “U Muschittieri” le inquadrature hanno spesso delle quinte
ottenute con elementi architettonici (colonne, travi ma molto più
spesso delle porte). Porte aperte, citando Amelio, o che si aprono.
Ne viene fuori già visivamente, il ritratto di un luogo positivo,
tollerante, aperto al prossimo e in parte definisce anche la
formazione del giovane Falcone. Sei d'accordo con questa lettura?
Cosa ci puoi dire in proposito?
Volevo
che le location di questo film fossero un prolungamento della psiche
del mio personaggio. Lo ritenevo necessario perché la mia storia
racconta di un bambino che si suggestiona di tutto ciò che lo
circonda fino a volte ad averne paura influenzato dai mondi
immaginari che popolavano le sue letture fantastiche. A tal proposito
ritenevo necessario includere spesso elementi architettonici nel
profilmico.
4.
Parallelamente, lo sguardo un po' da lontano, in disparte, attraverso
gli ambienti, ci ha fatto pensare a una regia piuttosto rispettosa
degli spazi, non invasiva, quasi timida(non in senso negativo)
nell'approcciare una figura che la storia rivelerà come uno degli
uomini più importanti del novecento italiano. Quali le tue
considerazioni sull'argomento?
Volevo
raccontare la storia del piccolo Giovanni senza descriverlo come un
bambino con le stimmate dell’eroe.
“Giovanni
era un bambino normale.” Questa è stata la prima cosa che mi ha
detto sua sorella Maria nella prima delle tante chiacchierate che
avremmo fatto per scrivere la sceneggiatura. Il mio primo intento è
stato quello di riuscire a far passare questo concetto.
Fondamentale
è stata la collaborazione con il grande maestro Daniele Ciprì che
da subito ha compreso questa mia esigenza e ha messo la sua grande
esperienza al servizio di questo concetto di base. Ho cercato di
tenere tutto l’impianto filmico il più invisibile possibile
affinché potesse venir fuori, in modo prepotente, solo il tormento
del piccolo Giovanni.
5.
Il film sta avendo un seguito notevole in termini di pubblico e di
critica. Quali sono le soddisfazioni più grandi che ti ha dato?
Quale il suo immediato futuro?
La
più grande soddisfazione è sicuramente stata la prima del film in
quel di Roma. Avevo il terrore che potesse non piacere alla
professoressa Maria Falcone e anziché guardare il film osservano le
sue reazioni. Poi ha detto una frase che non dimenticherò mai: “ho
rivisto lo sguardo di Giovanni nel piccolo protagonista di questo
film”.
Il
corto è stato ideato con l’intento di farlo circuitare in tutte le
scuole elementari e medie affinché potesse aiutare a diffondere un
bel messaggio: quello che continua a vivere nonostante la scomparsa
del magistrato Falcone.
6. Se puoi dirlo, a cosa stai lavorando
adesso?
Adesso credo sia giunta l’ora di esordire
con la mia opera prima.
Ringraziamo Vito per la sua disponibilità e
vi lasciamo con il trailer del film.
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