Tante Care Cose - David Fratini



Tutti quei pacchetti di sigarette che stavano sui tavoli e i tavolini di casa mia sono associati alla giovinezza dei miei genitori. C'era allegria allora in casa mia, perché i miei erano giovani e fumavano...
Loro fumavano e io guardavo il fumo, e così passarono gli anni.      (Manuel Vilas - In tutto c'è stata bellezza)

Cominciamo il nostro viaggio con Tante care cose, un film che ci ha colpito e convinto in modo particolare. David Fratini è un autore che negli ultimi anni ci ha regalato dei piccoli gioielli (pensiamo a Danny Boy - come la neve, Chi fa Otello? e Realismo tra gli altri).
Il suo è un cinema ricco di calorie, per dirla con Battiato. I lavori citati  richiedono un approccio alla visione calmo e senza fretta per essere apprezzati in modo completo; sono così capaci di regalare allo spettatore un senso di pienezza e soddisfazione che si protrae ben oltre la conclusione della proiezione. Si tratta di film che non perdono sapore nelle visioni successive, anzi in qualche modo chiedono a gran voce di essere rivisti.
Tante care cose è, a nostro avviso, il suo lavoro più maturo e sentito; se non è un capolavoro, poco ci manca.
In questo film felicemente intimista, il coloratissimo passato in super8 si alterna a un presente slavato e decisamente meno comprensibile e attraente, un presente girato "ex novo". David, per dar voce al passato, pesca dall'archivio dei suoi film di famiglia. Il risultato è un'opera compiuta che ha in sé parecchi motivi di interesse.
Se da un lato si concede a discussioni legate al mezzo cinematografico (l'utilizzo dell'archivio cinematografico, il film di famiglia e la pratica del found footage film*), dall'altro risulta essere opera capace di sviluppare empatia e calore umano non comuni. La regia di David si è sempre distinta per il suo tocco leggero e profondamente umano, non troppo incline al virtuosismo tecnico (proprio perché non manca di perizia tecnica) e sempre al servizio dei personaggi che sceglie di portare sul grande schermo. Tutte queste caratteristiche, già notate in precedenza, trovano ulteriore conferma in Tante care cose.

Ma andiamo per ordine e cominciamo dalla trama:

Anna, un'anziana donna borghese, esce di casa senza salutare il marito, che rimane indifferente a guardare la tv. L'anziana cammina fino ad arrivare in un luogo squallido e degradato dov'è accampata una coppia di sbandati. Anna spia l'uomo e la donna mentre discutono - poco lucidamente - di soldi e si litigano una bottiglia di birra: la donna è sua figlia. L'anziana, affranta, cerca così riparo tra il calore e l'allegria dei suoi ricordi di gioventù. Un viaggio nel passato, una fuga dal presente.

qui è possibile visionare il trailer

Ne abbiamo parlato con David.


1 Come è nata l'idea del film e quando
L’idea è nata dopo il suicidio del mio amico e sodale Giuliano Felici: avevamo girato insieme 3 documentari per lo SPI Cgil e subito dopo avevamo deciso di fare un documentario sperimentale utilizzando dei vecchi filmini super8 della mia famiglia girati nei primi anni 60. Mentre stavamo ultimando il montaggio del documentario, che si doveva intitolare Mirela, Giuliano se n’è andato e, naturalmente, decisi che non avrei mai ultimato il nostro progetto senza di lui. Dopo qualche mese però sentii come il bisogno di utilizzare quei filmati super8 ma in un progetto completamente diverso: non più un documentario ma un corto di fiction che affrontasse il tema dei ricordi e del pericolo di rimanere ancorati ad essi senza riuscire ad affrontare il presente. Dopo quel che era successo mi sentivo impotente, proprio come la protagonista di Tante Care Cose. Il mio amico direttore della fotografia Stefano Meluni dopo aver letto il copione mi ha detto “E’ bello, facciamolo per Giuliano” e il progetto è partito.


un frammento inedito del documentario  Mirela - realizzato con Giuliano Felici e mai terminato

2 La tecnica utilizzata, quali strumenti e perché
Ho mescolato le vecchie immagini dei super8 con le immagini “nuove” con l’intento di creare un dialogo tra presente e passato, tra la protagonista e i suoi ricordi, cercando di rendere più fluidi possibili i passaggi da un’età all’altra. Sul set mi sono servito di una troupe leggerissima per creare un’atmosfera più intima possibile. Abbiamo girato con una reflex e registrato la presa diretta su Tascam, molto semplicemente. Abbiamo montato con Avid. In fase di postproduzione audio abbiamo fatto un paziente lavoro sui suoni e sulle musiche. Per la correzione colore ho voluto che i ricordi, quindi i filmati super8, fossero coloratissimi, vividi, mentre la realtà attuale desaturata, quasi scolorita; dopotutto i bei ricordi li ricordiamo sempre ancor più belli.


3 Il rapporto con gli attori (come hai scelto gli interpreti, cosa è, per te, l'attore)
In questo caso la scelta degli attori è stata la parte più delicata del progetto: partendo dai filmini di famiglia in cui ci sono i miei zii e mia cugina mi servivano degli attori che somigliassero a loro, solo con 50 anni di più. Ho iniziato a cercare attori tra le compagnie teatrali di Terni – città in cui ho girato il corto – e ho avuto la fortuna di trovare attori che non solo rispettavano le caratteristiche fisiche che cercavo, ma che avevano un curriculum e una storia artistica di tutto rispetto: la protagonista Maristella Marinelli a Terni è un’istituzione del teatro e della poesia in vernacolo, un talento comico prestato – nel mio caso – al dramma. Quando sentiamo dire che i migliori attori drammatici sono i comici è proprio vero! Il ruolo del marito l’ho affidato a Silvano Locci, altra istituzione del teatro “made in Terni”, e anche il resto del cast è formato da attori teatrali di solida esperienza. Girare con un cast così è stato facile ed entusiasmante. Nonostante poi la malinconia di fondo che si respira nel corto, sul set c’è stata sempre un’atmosfera divertente e piena di risate. Con Maristella Marinelli, prima delle riprese, ho parlato a lungo del suo personaggio, raccontandole la sua storia; nel corto la protagonista si vede giovane, allegra e innamorata, poi la rivediamo vecchia e intristita. Perché? Cosa le è successo? Questo non si vede, resta fuori dal racconto la sua vita “di mezzo”; ma è proprio su questa parte della vita che volevo che Maristella fosse focalizzata, sul perché fosse finita così male e su quali responsabilità sentisse il suo personaggio.
In generale il lavoro con gli attori è la parte che prediligo del mestiere di regista, faccio parecchie prove con loro prima delle riprese, poi sul set inizialmente do le indicazioni di ripresa all’operatore ma poi mi dedico solo agli attori fino al ciak, cercando di farli “immergere” il più possibile nella scena. Puoi fare un’inquadratura e dei movimenti di macchina belli quanto vuoi ma se l’attore non è totalmente convincente e presente al personaggio la scena non funziona.



4 Quali sono stati i riferimenti cinematografici e letterari (se ne hai avuti) di questo film.
Appena prima di girare il corto e indipendentemente da esso mi ero visto buona parte dell’opera del regista ungherese Bela Tarr, così in alcune scene del corto mi sono trovato a fare delle inquadrature fisse in cui più personaggi sono in piani prospettici diversi, un po’ come fa lui; pure il ritmo lento deve essermi stato suggerito dalla visione dei suoi film. Mentre giravamo, con il direttore della fotografia scherzavamo poi sul fatto di creare immagini “à la Malick”, gli dicevo “più Malick, meno Malick…”. Scherzi a parte, forse il regista che più ha influenzato quest’opera è stato Franco Piavoli, artista unico nel creare suggestioni poetiche partendo dalla contemplazione del reale; amo tutti i suoi film e spero di aver dato al corto almeno l’1% della forza delle sue immagini. Sarebbe già molto…
Per quanto riguarda le influenze letterarie una volta una mia amica ha paragonato i miei corti ai racconti di Carver, facendomi così il più bel complimento che potessi ricevere; pur facendo le dovute proporzioni tra il grande scrittore americano e l’umile “me”, il mio cinema ha sempre guardato a piccoli grandi fatti di piccole grandi persone, proprio come nella narrativa di Carver. Ripeto: con le dovute proporzioni.



5 Il tuo è un corto coraggioso e che occupa una posizione più appartata nel panorama del cortometraggio italiano (in larga parte incentrato su tematiche sociali ritenute più "pressanti"). Ci interessa sapere quale è la tua idea di cinema, quale pensi sia il tuo pubblico di riferimento, quali i contesti/ le piattaforme che probabilmente sono più adatte al tuo lavoro.
Amo in particolar modo il cinema indipendente e underground di ogni epoca e nazionalità, il cinema sperimentale, il cinema documentario, la video-arte, quindi forse mi rivolgo ad un pubblico di nicchia, ma senza farlo apposta. Il mio corto di fiction precedente, Chi fa Otello?, trattava il tema razziale e forse anche grazie a ciò ha fatto il giro del mondo con centinaia di proiezioni. Quest’ultimo corto Tante Care Cose è certamente più intimista e personale, meno sociale e più “esistenziale”, sicuramente meno “di grido”. Quando l’ho scritto non ho proprio pensato a quale pubblico fosse destinato, ho sentito che dovevo farlo così, volevo che fosse un piccolo film che si rivolgesse direttamente al lato emotivo e non a quello razionale, ci ho lavorato come ad un componimento poetico, facendo scelte in base alle suggestioni che potevano crearsi tra immagini, suoni e musiche, 15 minuti quasi senza dialoghi, ma di sicuro speravo piacesse, anche se non so a chi.

6. Hai pensato a una distribuzione estera?
Il corto è distribuito dalla Premiere Film, che lo ha mandato ad alcuni festival esteri. Attendiamo fiduciosi incrociando le dita.


Ringraziamo David e ci congediamo da voi con un video realizzato dal nostro più di dieci anni fa per una istallazione: BT.01.FX

Buona visione.... Ordet



* Per chi fosse interessato ad approfondire la questione legata al film d'archivio, loro utilizzo e alla pratica del found footage film rimandiamo al testo
L'archivio/archive, a cura di Alessandro Bordina, Sonia Campanini, Andrea Mariani, Udine, Forum Editrice, 2011.




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